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Venerdì, 18 Marzo 2022 12:07

Solennità di San Giuseppe, Patrono del Ordine

Il 19 marzo si celebra la Solennità di San Giuseppe, Patrono Principale dell'Ordine.

Ci fa bene ripensare a san Giuseppe, meditare su colui che la nostra tradizione ha riconosciuto come patrono e modello della vita carmelitana.

Il culto di san Giuseppe fa parte della nostra formazione cristiana, della nostra tradizione e cultura. Siamo talmente abituati a collocare san Giuseppe accanto a Gesù e a Maria da pensare che da sempre la Chiesa abbia attribuito a questo santo, che ha vissuto in una intimità così stretta con il mistero dell’Incarnazione, la dignità e gli onori che noi siamo soliti riconoscergli. In realtà, non è così. Nel primo millennio sono rarissime le tracce di una riflessione teologica su san Giuseppe e soprattutto di una particolare venerazione a lui dedicata. È soltanto con il fiorire degli Ordini mendicanti che la devozione a san Giuseppe si svilupperà. Un contributo determinante fu dato in particolare dai francescani e dai carmelitani.

Per i carmelitani l’interesse per la figura di san Giuseppe fu un naturale sviluppo della fondamentale ispirazione mariana. Tutti i familiari di Maria (i genitori, sant’Anna e san Gioacchino come protettori secondari del Carmelo, e perfino le presunte sorelle, Maria di Giacomo e Maria di Salome) ricevettero particolare onore nel Carmelo. Non poteva quindi mancare lo sposo di Maria.

Nella liturgia antica si cela sotto la figura di san Giuseppe un compendio della spiritualità del Carmelo: 1) La puritas cordis che rende possibile la visione di Dio, 2) l’unione con Maria, e 3) la fecondità della vita mistica presentata in termini di concepimento e nascita del Verbo incarnato nell’anima pura. San Giuseppe perciò è celebrato come specchio della vita mistica carmelitana in Dio.

Viviamo in un periodo in cui la Chiesa non pensa tanto a difendersi da un nemico esterno, ma piuttosto cerca di riconoscere il suo compito di dare testimonianza autentica della verità del Vangelo. Così, in un mondo in cui c’è bisogno della concretezza e del senso del mistero, in un mondo in cui tendiamo a sfuggire ai vincoli di relazioni e impegni stabili e a chiuderci in uno sterile narcisismo, Giuseppe ci indica il cammino della rinuncia a noi stessi, della responsabilità quotidiana, del silenzioso operare perché la famiglia viva e cresca. Un padre di famiglia cerca di sanare le ferite della propria casa. Il nostro patrono ci mette davanti al bisogno di sanare le ferite dell’umanità, e le ferite all’interno della propria Chiesa. Non c’è Chiesa, non c’è Carmelo senza persone che dimenticandosi di sé stesse lavorano giorno e notte per dare agli altri una base sicura su cui poggiare. Lavorano nell’oscurità, portando nel cuore le proprie ansie e fatiche, spesso senza vedere i frutti né intravvedere la meta, confidando solo in colui da cui la loro paternità proviene e prende nome (cfr. Ef  3,15). Persone così potranno sempre trovare in san Giuseppe il loro patrono e modello, il loro “padre e signore”.

San Giuseppe custodisce il Carmelo, non solo perché lo protegge “dalle ostili insidie e da ogni avversità,” ma perché lo mantiene fermo nella sua identità semplice e profonda. Con il suo essere uomo giusto ci indica la strada da percorrere e la meta a cui tendere. In questo senso, non c’è dubbio che il culto di san Giuseppe non sia solo una devozione o una pratica pietosa, ma un programma di vita, che è parte integrante del patrimonio carismatico del Carmelo. Insieme a Maria, Giuseppe è l’icona evangelica nella quale noi carmelitani possiamo leggere e comprendere che cosa vuol dire per davvero “vivere nell’ossequio di Gesù Cristo”. E pertanto, a buon diritto, continueremo a rivolgerci a lui come a nostro padre e patrono, ma anche amico fedele e guida esperta nel cammino sulle orme di Gesù.

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