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Commemorazione di tutti i defunti dell’Ordine
15 Novembre Memoria facoltativa
Radunati da uno stesso amore per Cristo e dall'ossequio verso la sua dilettissima Madre, i membri della famiglia del Carmelo continuano ad amarsi fraternamente, siano essi impegnati nella lotta per Cristo su questa terra, oppure, trascorso il loro pellegrinaggio terreno, attendano la visione gloriosa del Signore.
Perciò l'Ordine intero, unito in preghiera, raccomanda alla misericordia di Dio i fratelli e le sorelle defunti affinché, per intercessione della Vergine Maria, pegno di sicura speranza e di gaudio, li accolga tra i gloriosi cori dei Santi.
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Celebrazione di tutti i Santi dell'Ordine Carmelitano
14 Novembre Festa
Sulle gioie del paradiso non oso scrivere inconsideratamente. Isaia e poi Paolo nella sua prima lettera ai Corinzi hanno scritto: Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano. Come potrei tentare di esprimere a parole quello che non si riesce neppure ad immaginare? Dirò tuttavia qualcosa per spingerti a desiderare di vedere quelle cose che gliocchi mortali non sono in grado di vedere. Tale desiderio, elevando la mente dalle cose terrene a quelle celesti, fa sì che, pur restando ancora terreni e mortali, almeno in parte diventino celesti. Se è vero che là dov'è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore, se il nostro tesoro lo abbiamo in cielo bisogna che sia in cielo anche il nostro cuore. Se è in cielo, ha dimensioni celesti e bisogna che celesti siano i desideri del nostro cuore, mediante l'impegno di meditare cose grandiose e infinite partendo dalle più piccole.
Come il cielo supera in grandezza, altezza e bellezza la terra, così non dubito che i beni celesti siano da preferire a quelli terreni. Dico che non ne dubito; e tuttavia non li conosco, perché sono superiori a ogni nostra immaginazione. L’ uomo ha due facoltà intellettive: l'intelletto e la volontà. All'intelletto piace conoscere la verità, alla volontà piace avere la comodità, e a un punto tale che in questa vita non ci può essere niente di più desiderabile. La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta è la nostra profezia. Ragioniamo da bambini, parliamo da bambini, perché vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; difatti un corpo corruttibile appesantisce l'anima e grava la mente dai molti pensieri. Ma nel Paradiso l'uomo vedrà faccia a faccia e conoscerà perfettamente come è conosciuto; quello che è imperfetto scomparirà, e il nostro desiderio sarà pienamente soddisfatto perché l'essenza suprema, che è la verità prima, si rivelerà alla nostra intelligenza. Allora si adempirà la parola «fermatevi e sappiate che io sono Dio». Adesso l'intelletto, tormentato da tante fantasie come un bambino in un mercato, ammira or questo or quello; non si ferma, non vede Dio, ma si agita e fatica inutilmente.
Questa patria invece, in quanto viviamo santamente, è la patria della nostra speranza e dei nostri desideri. Posto in essa il profeta dice: Di te si dicono cose stupende, città di Dio. E anche: Quanto sono amabili le tue dimore, Signore degli eserciti! L'anima mia languisce e brama gli atri del Signore. E come una cerva anela ai corsi d'acqua, così l'anima mia anela a te, o Dio. L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente; quando verrò e vedrò il volto di Dio? Allora Dio sarà tutto in tutti, e quanto ciascuno vorrà sarà provveduto da Dio. Dio si insinueràcon tanta dolcezza nelle nostre menti, che si compirà perfettamente quel che dice il Profeta: Mi sazierò della tua presenza.
I beati sentiranno risuonare da ogni parte le più alte lodi di Dio, secondo la parola del Profeta: beato chi abita la tua casa: sempre canta le tue lodi. Vedranno i cieli e ne gusteranno tutta l'armonia, vedranno Cristo e sua Madre e tutti i corpi gloriosi dei beati. Questi, ormai incorruttibili e rivestiti di incomparabile bellezza, saranno per chi li guarda uno spettacolo così dolce, che non sapranno cosa di meglio desiderare.
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B. Maria Teresa Scrilli, Vergine
13 Novembre Memoria facoltativa nelle provincie italiane
Il sentimento della Divina Presenza mi era divenuto come già dissi continuo: nell'orazione non ero capace di profittare di libri, né di farla vocale: era un'unione dolcissima (se non erro dell'orazione di quiete; dico dando a questa nome di unione, credendola tale, secondo le mie poche cognizioni) dissi era un'unione dolcissima, dalla quale non mi sapevo staccare, o per meglio dire, non mi rassegnavo alla cessazione di essa, se non persuasa a lasciare Dio, per Dio; cioè lasciare Dio nella contemplazione di Maddalena, per ritrovarlo nelli propri doveri, delle cure di Marta; quale se le avesse dato il suo luogo, e non più, e però non si fosse tutta in esse versata,dal Divino Maestro credo io, non sarebbe stata corretta: che gode anzi, che lasciamo di godere di Lui, per faticare per Lui: e poi tornare a riposare in Lui. Oh che buona guida è in questo (come in ogni altra cosa) l'amor puro di Te! E quanto è facile, l'andarvi misto, l'amore a no stessi! dico alla nostra soddisfazione, che sebbene spirituale, io non la credo buona; né mai credei; ora mi sono in ciò confermata, da alcune cose che ho letto, mi pare negli scritti della S. M. Teresa ma come dissi anche prima di leggerne, ne avevo tale opinione. È gran miseria, quella che vedo, e perciò ne ho presa esperienza: che, o vogliamo essere devoti, e spirituali, a modo nostro, o non lo siamo per nulla: le piccole teste facilmente cadon nel primo errore, le grandi, (non le grosse) nella seconda sventura. Oh mio Dio! Mala cosa, è la superbia; anzi malissima, mentre scompone, e devia, la più bella dote dell'Uomo, quale è l'intendere, per il suo vero verso. Oh se questo si spendesse per cui Tu cel donasti...oh nostra felicità! E perché non si intende, mentre Tu di questo, (dico dell'intelletto) cen faceste regalo? Ah! Nostra felicità che si spreca, in cose vane e fallaci, che forse non giungeremo a capire; o perché non ci è dato,o perché tolti a loro, da una morte immatura.
Oh cecità... oh cecità! Perdersi nelle umane scienze, quando queste non servono, allo scopo immortale:e tale certo non può chiamarsi, quel che una volta ha il suo termine.
O mio Sposo, o mio Sposo: quanto dura cosa è una tal cognizione, a chi cotanto Ti ama! Dico il comprendere quanto agli uomini, sia trascurata la conoscenza di Te... come se ogni altra cosa fosse di questa più necessaria. Oh sconvolgimento degli umani intelletti! Che al nostro secolo, dai migliori (dico da quei che esser vogliono veri cristiani), molte cose si approvano, e molto più nella circostanza si praticano, con la difesa di dovere di convenienza, ed usanze dei tempi, che con l'andar di essi, si inciviliscono e variano.
Oh te... civilizzazione, a noi funesta, se, a poco a poco, nel cuor dell'uomo, la Religione ne spengi! O Sposo, o Sposo: e chi Ti seguirà, colà in mezzo al gran mondo?
Se, vi è chi nol fa per malizia; chi si riguarda per umano rispetto; altri nol fanno, per ignoranza... dico, per essere in questa, allevati, e cresciuti, per condizione e miseria: che non son questi, quelli, che i primi espressi, quali van procurando e affascinandosi, in vane scienze del mondo, e trascurati sen stanno, nella conoscenza delle cose di Dio: ah! Non ha proprio colà, ove poggiare il capo: dappertutto, sterpi e spine si mirano, di vanità,e vanità; e temo, che anche ciò che apparisce virtù, non sia vera, non soda, pietà; se il ricco non si sfugge, e per timore d'infezione; ma più di onore avidi, che nauseanti di questa; godiamo starle appresso.
S. Elisabetta della Trinità (OCD), Vergine
O mio Dio, Trinità che adoro, aiutami a dimenticarmi completamente, per fissarmi in Te, immobile e tranquilla, come se la mia anima fosse già nell'eternità. Nulla possa turbare la mia pace né farmi uscire da Te, o mio Immutabile, ma che ogni istante m'immerga sempre più nella profondità del tuo mistero.
Pacifica la mia anima, rendila tuo cielo, tua dimora prediletta, luogo del tuo riposo. Che non ti lasci mai solo, ma che sia là tutta, interamente desta nella mia fede, tutta in adorazione, pienamente abbandonata alla tua azione creatrice.
O mio Cristo amato, crocifisso per amore, vorrei essere una sposa per il tuo Cuore, vorrei coprirti di gloria, vorrei amarti fino a morirne. Ma sento la mia impotenza e ti chiedo di «rivestirmi di te», d'identificare la mia anima a tutti i movimenti della tua anima, di sommergermi, d'invadermi, di sostituirti a me, affinché la mia vita non sia che un'irradiazione della tua vita. Vieni in me come Adoratore, come Riparatore e come Salvatore.
O Verbo eterno, Parola del mio Dio, voglio passare la mia vita ad ascoltarti, voglio rendermi perfettamente docile per imparare tutto da Te. Poi, attraverso tutte le notti, tutti i vuoti, tutte le impotenze, voglio sempre fissare Te e restare sotto la tua grande luce. O mio Astro amato, affascinami perché non possa più uscire dalla tua irradiazione.
Fuoco consumante, Spirito d'amore, «discendi in me», affinché si faccia nella mia anima come una incarnazione del Verbo e io gli sia una umanità aggiunta nella quale Egli rinnovi tutto il suo Mistero.
E tu, o Padre, chinati sulla tua povera piccola creatura, «coprila della tua ombra», e non vedere in lei che «il Diletto nel quale hai posto tutte le tue compiacenze».
O miei Tre, mio tutto, mia beatitudine, solitudine infinita, immensità in cui mi perdo, mi abbandono a Voi come una preda. Seppellitevi in me perché io mi seppellisca in Voi, in attesa di venire a contemplare nella vostra luce l'abisso delle vostre grandezze.
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B. Francesco di Gesù Maria Giuseppe (OCD)
Nella sua provvidenza Dio ha disposto di non porre rimedio ai nostri mali e di non concederci le sue grazie se non per mezzo della preghiera, e che attraverso la preghiera di alcuni si salvino gli altri (cfr. Gc 5, 16 ss). Se i cieli stillarono dall'alto e le nubi fecero piovere con giustizia, se si aprì la terra e germogliò il Salvatore (cfr. Is 45,8), Dio volle che precedessero la sua venuta le grida e le suppliche dei santi padri e specialmente di quella Vergine singolare che persuase i cieli con la fragranza delle sue virtù e attirò nel suo seno il Verbo increato. Venne il Redentore e per mezzo di una preghiera continua riconciliò il mondo con il suo Padre. Perché la preghiera di Gesù Cristo e i frutti della sua redenzione si applichino a qualche nazione o popolo, perché vi sia chi illumini con la predicazione del vangelo e amministri loro i sacramenti, è indispensabile ci sia qualcuno o molti che con gemiti e suppliche, con preghiere e sacrifici abbiano conquistato quel popolo e lo abbiano riconciliato con Dio.
A ciò, tra altri fini, mirano i sacrifici che offriamo sui nostri altari. L'ostia santa che su di essi presentiamo tutti i giorni al Padre, accompagnata dalle nostre suppliche, non ha solo lo scopo di rinnovare la memoria della vita, passione e morte di Gesù Cristo, ma anche di obbligare per mezzo di essa il Dio della bontà perché si degni applicare la redenzione del suo figlio alla nazione,provincia, città, villaggio, o a quella o quelle persone per le quali viene celebrata la santa Messa. Proprio in essa si tratta con il Padre la redenzione, ossia la conversione delle nazioni. Prima che la redenzione fosse applicata al mondo o, che è lo stesso, prima che lo stendardo della croce fosse innalzato tra le nazioni, il Padre dispose che il suo Unigenito, fatto carne, ne trattasse con lui per mezzo di «suppliche continue, con forti grida e con lacrime» (Eb 5, 7), con angosce di morte e con lo spar-gimento di tutto il suo sangue, specialmente sull'altare della croce, che innalza sulla cima del Calvario.
Per concedere la sua grazia anche a coloro che non la chiedono né possono chiederla, o non vogliono, Dio ha disposto e comandato: «Pregate gli uni per gli altri,perché possiate salvarvi» (Gc 5, 16 ss). Se Dio concesse la grazia della conversione a sant'Agostino, ciò è dovuto alle lacrime di santa Monica; e la Chiesa non avrebbe san Paolo, afferma un santo padre, se non fosse per la preghiera di santo Stefano. Ed è degno di essere qui ricordato che gli apostoli,inviati a predicare e ad insegnare a tutte le nazioni, riconoscono che il frutto della loro predicazione era piuttosto effetto della preghiera che delle loro parole, quando eleggendo i sette diaconi perché si occupassero delle opere esterne di carità affermano: «Noi ci dedicheremo con continuità alla preghiera e al ministero della parola» (At 6, 4). Si noti bene: dicono che si dedicheranno prima alla preghiera e solo in seguito al ministero della parola, perché senza dubbio non andarono mai a convertire un popolo prima di averne ottenuto la conversione nella preghiera.
Gesù Cristo trascorse tutta la sua vita in preghiera e predicò solo tre anni.
Così come Dio non dispensa le sue grazie agli uomini se non mediante la preghiera, perché vuole che lo riconosciamo come fonte da cui deriva ogni bene, nemmeno vuole salvarci dai pericoli né curare le piaghe né consolare nelle afflizioni se non per mezzo della preghiera stessa.
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Nuno come carmelitano
San Nonio Alvares mantenne una devozione a Dio quasi infantile e un rigido codice di moralità, anche per i soldati del suo esercito. Attribuiva le sue strepitose vittorie all'intercessione di Maria in suo favore. Sebbene il “Conestabile Santo” fosse uno degli uomini più potenti del regno, usò la sua ricchezza e la sua influenza per promuovere la devozione religiosa e per costruire molte chiese come segno della sua gratitudine. Forse la più spettacolare delle sue chiese fu l'imponente Carmo a Lisbona, che affidò alle cure dei Carmelitani. Fece costruire una grande casa per ospitare i religiosi. A quel tempo, in Portogallo esisteva un'unica casa carmelitana, a Moura. La nuova casa e la chiesa furono riccamente finanziate dal Connestabile, che insistette anche sulla preghiera regolare e sulla stretta osservanza della Regola.
Mentre le rovine della chiesa del Carmo a Lisbona sono oggi solo un guscio dopo il terremoto di Lisbona del 1755, la casa costruita per i carmelitani accanto alla chiesa è rimasta intatta. Infatti, San Nuno sarebbe entrato nell'Ordine e avrebbe vissuto come fratello in questa casa dopo il suo ritiro dal servizio militare. Oggi l'edificio, noto come Caserma del Carmo, è il quartier generale della Guardia Nazionale Repubblicana (GNR), anche se conserva alcune delle caratteristiche presenti all'epoca di San Nuno.
Al piano terra una “cella” contiene alcuni oggetti della vita di San Nuno. Una targa vicino alla porta della cella recita: “Questo è il luogo della cella in cui il Conestabile morì il 1° novembre 1431”. Sul letto c'è il suo abito. Su una parete sono appesi due oggetti di mortificazione popolare: una disciplina, uno strumento per l'autoflagellazione e un cilicio a catena di metallo con i rebbi rivolti verso l'interno.
Tra gli altri oggetti, una bandiera decorata con una grande croce e immagini di San Giorgio, San Thiago, San Giovanni e di Maria, una delle quali con il Bambino Gesù. C'è anche un grande baule e una piccola statua del Santo in piedi su un vecchio altare decorato con una grande Croce nello stile preferito da San Nuno.
La tomba di San Nonio Alvares Pereira andò perduta durante il famoso terremoto di Lisbona del 1755. Il suo epitaffio recitava:
“Qui giace il famoso Nuno, conestabile, fondatore della Casa di Bragança, eccellente generale, monaco benedetto, che durante la sua vita terrena desiderò così ardentemente il Regno dei Cieli da meritare, dopo la sua morte, la compagnia eterna dei Santi”. I suoi onori mondani erano innumerevoli, ma egli vi rinunciò. Era un grande principe, ma si fece umile monaco. Fondò, costruì e dotò questa chiesa in cui riposa il suo corpo”.
Esortazioni della beata Francesca d'Amboise
5 Novembre | Memoria facoltativa
La tentazione stimola la virtù
Dalle Esortazioni della beata Francesca d'Amboise alle monache
Qualunque pena o malessere abbiate nei vostri cuori, portatelo il più pazientemente possibile, e pensate che è la vostra croce. Aiutate nostro Signore e portatela con lui, volentieri, di buon animo, tanto dovete sempre portare la croce e se ne rifiutate una, ne troverete forse un'altra più pesante. Con la fede e la speranza nell'aiuto di Dio si vince la tentazione. Non dobbiamo perderci d'animo e fermarci nel nostro cammino, ma sempre farci coraggio. Pensate alle pene e alle grandi tentazioni che i santi padri ebbero a sostenere nel deserto. Le pene che essi soffrirono nello spirito, furono senza confronto molto più dure delle penitenze e au-sterità che imponevano ai loro corpi. Chi non è tentato non acquista nessuna virtù. Quindi accogliete ciò che piace a Dio, il quale non manda mai una sofferenza che non sia per il nostro bene. Egli dice nel vangelo: Chi vuol venire dietro a me, cominci a rinnegare sé stesso,cioè a dimenticarsi, a non avere nessuna stima di sé, a disprezzarsi e a desiderare di essere disprezzato dagli altri. Nostro Signore dice che dobbiamo prendere la croce per seguirlo, cioè accettare la penitenza e i tormenti per amor suo, come egli ha portato la croce per nostro amore.
Ma vi raccomando, non la portate come fece Simone il cireneo! A nostro Signore, esausto per le battiture e i tormenti sostenuti, i giudei, per paura che morisse prima di arrivare al luogo ove doveva essere crocifisso, tolsero la croce e la caricarono su Simone. Questi la prese a malincuore e benché la portasse, non vi morì sopra come nostro Signore, il quale la portò di sua scelta e volentieri, e vi morì rendendo ľanima a Dio suo Padre.
Fate come lui, seguendo il suo esempio. Voi avete la croce della penitenza; portatela volentieri sino alla fine: in essa morirete e renderete a lui le vostre anime. Lodate e ringraziate Dio per avervi chiamate al suo servizio. Non disprezzate nessuno, pensate che il comandamento di Dio è che amiate il vostro prossimo come voi stesse e tutte le sorelle, anche quelle che vi fanno o vi vogliono del male.
Soprattutto abbiate carità l'una per l'altra e preoccupatevi di vincere le vostre passioni. Prendete oggi un rimedio e domani un altro e così arriverete a poco a poco a vincere e a superare le vostre tentazioni, e quando nostro Signore vedrà la vostra buona volontà e perseveranza, vi darà la sua grazia e vi aiuterà a portare i pesi della vita religiosa fino alla fine. Niente vi sarà difficile a sopportare per amor suo.
(Carmelus 11 [1964] 254-255)
B. Francesca d'Amboise, Religiosa
5 Novembre Memoria facoltativa
Nacque nell'anno 1427, probabilmente in Thouars (Francia). A quindici anni passò sposa a Pietro II, duca di Bretagna, insieme al quale fu incoronata nella cattedrale di Rennes nel 1450. Rimase vedova nel 1457, non volle le seconde nozze, e si orientò anzi verso la vita religiosa. A tale scopo costruì nel 1463 un Carmelo femminile a Bondon, sotto consiglio del Beato Giovanni Soreth, Priore Generale dei Carmelitani.
Conferenza sulla figura di S. Maria Maddalena de' Pazzi
La figura di Santa Maria Maddalena de' Pazzi è il tema della prossima conferenza del Centro di Studi Carmelitani
Il Centro di Studi Carmelitani dell'Università Cattolica d'America ospiterà il 24 ottobre 2024 una conferenza del carmelitano Simon Nolan, dottore di ricerca, priore provinciale della Provincia irlandese dell'Ordine ed ex decano della Facoltà di Filosofia della Pontificia Università di San Patrizio a Maynooth, in Irlanda. La conferenza si intitola Risveglio all'amore di Dio: Santa Maria Maddalena de'Pazzi sulla dimensione mistica di ogni vita cristiana.
Per coloro che desiderano essere presenti, la conferenza si terrà nella sala riunioni della Curley Hall. La conferenza avrà luogo dalle 17.00 alle 18.30 (ora orientale degli Stati Uniti). Alla conferenza seguirà un ricevimento. Per coloro che non possono partecipare di persona, ci sarà un link per la trasmissione in livestream.
Santa Maria Maddalena de' Pazzi (1566-1607), originaria di Firenze, è chiamata la “santa estatica” per il suo dono speciale di essere consapevole della sua unione con Dio mentre i suoi sensi interni ed esterni erano distaccati dal mondo sensibile. Oggi la santa suscita un rinnovato interesse e di recente sono stati pubblicati diversi libri che esplorano la sua spiritualità.
Per saperne di più sulla vita di Santa Teresa e sulla sua opera ed eredità, suggeriamo la lettura dei libri delle Edizioni Carmelitane, la casa editrice dell'Ordine Carmelitano:
Maria Maddalena de' Pazzi: Passione per l'uomo e per la chiesa, di Luca M. Di Girolamo, OSM.
Iconografia Carmelitana al Femminile, di Ruggiero Doronzo.
La Chiesa Sposa. Passione e visione per una ecclesiologia rinnovata in S. Maria Maddalena de' Pazzi, di Sr. Maria Mihaela Catana O. Carm.
Santa Maria Maddalena de’ Pazzi: esperienza e dottrina, di Bruno Secondin, O. Carm.
Per accedere a queste e a molte altre interessanti pubblicazioni delle Edizioni Carmelitane, cliccare qui.
S. Teresa di Gesù, Vergine e Dottore della Chiesa
15 Ottobre | Festa
Teresa è tra le massime figure della mistica cattolica di tutti i tempi. Le sue opere - specialmente le 4 più note (Vita, Cammino di perfezione, Mansioni e Fondazioni) - insieme alle opere di carattere più storico, contengono una dottrina che abbraccia tutta la vita dell'anima, dai primi passi sino all'intimità con Dio al centro del Castello Interiore. L' Epistolario, poi, ce la mostra alle prese con i problemi più svariati di ogni giorno e di ogni circostanza. La sua dottrina sull'unione dell'anima con Dio (dottrina da lei intimamente vissuta) è sulla linea di quella del Carmelo che l'ha preceduta e che lei stessa ha contribuito in modo notevole ad arricchire, e che ha trasmesso non solo ai confratelli, figli e figlie spirituali, ma a tutta la Chiesa, per il cui servizio non badò a fatiche. Morendo la sua gioia fu poter affermare: "muoio figlia della Chiesa".
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A novembre, le Edizioni Carmelitane pubblicheranno una nuova pubblicazione molto opportuna del noto autore filippino Macario Ofilada Mina, A Spirituality of Truth: Philosophical Explorations of St. Teresa of Jesus.
Nel frattempo, per saperne di più sulla vita di Santa Teresa e sulla sua opera ed eredità, suggeriamo la lettura dei libri delle Edizioni Carmelitane, sopratutto: Contemplazione e missione. Cammino di evangelizzazione con S. Teresa d'Avila.
Per accedere a queste e a molte altre interessanti pubblicazioni delle Edizioni Carmelitane, cliccare qui.